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  • Immagine del redattoreAvv. Francesco Gugliara

Decreto “Cura Italia”: Liberi professionisti in ginocchio.

Aggiornamento: 16 apr 2020

Alla luce del nuovissimo Decreto Legge 18 del 17 marzo 2020, emanato dal governo come forma di tutela economica per tutto il tessuto lavorativo italiano messo evidentemente alle strette dalla nota emergenza pandemica Covid-19, innumerevoli risultano gli elementi discriminatori nei confronti in primis dei liberi professionisti iscritti ad ordini professionali oltreché di tutti lavoratori autonomi.


Già ad un’analisi prima face del c.d. decreto Cura Italia mostra una significativa esclusione da qualsivoglia beneficio di solidarietà di migliaia di liberi professionisti iscritti agli ordini professionali con proprie casse previdenziali (es. Avvocati, Commercialisti, Architetti, Ingegneri, ecc.), in quanto, questi ultimi per espressa previsione della norma, vengono esclusi persino dal già assai irrisorio contributo di 600 euro, previsto invece per tutti gli altri lavoratori autonomi e per i soli liberi professionisti senza albo o cassa previdenziale di appartenenza.

Per di più, i liberi professionisti appartenenti ad albo professionale con cassa previdenziale propria, che, da soli, rappresentano una fetta importante del tessuto produttivo del bel paese, non potranno accedere, per mera e non motivata scelta governativa, alle principali misure di sostegno dell’economia contenute nel decreto, misure che di per se, come già detto, risultano assai blande anche per gli altri lavoratori autonomi. A questi, infatti, è precluso da un lato l’accesso alla moratoria sui mutui bancari e i leasing, misura che è rivolta unicamente ai titolari di reddito d’impresa con implicita esclusione dei possessori di reddito da lavoro autonomo e dall’altro si preclude l’accesso al credito d’imposta sui canoni di locazione dell’immobile adibito a studio professionale, poiché consentita esclusivamente a negozianti e botteghe.


L’unico spiraglio che parrebbe ricomprendere anche i professionisti iscritti ad ordini professionali, che in conseguenza dell’emergenza epidemiologica in atto, si sono trovati costretti a cessare, ridurre o sospendere l’attività, parrebbe essere, quantomeno astrattamente previsto, dall’art. 44 del decreto in esame. Tuttavia, la norma non attribuisce, ma prevede la futura costituzione, da adottare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame, un c.d. Fondo per il reddito di ultima istanza, che consentirebbe loro, soltanto di provare ad accedere, in concorrenza però con tutti gli altri lavoratori dipendenti e autonomi a non ben specificati benefici fiscali. La finalità del fondo, infatti, dovrebbe essere, sempre se venisse costituito, quella di garantire, a tali soggetti, il riconoscimento di una generica indennità, per l’anno 2020. In tal senso, il decreto fa riferimento ad uno stanziamento di appena 300 milioni degli oltre 10 miliardi dedicati a questo comparto di misure.

Appare evidente che il decreto de quo, non tenga assolutamente conto del grave disagio di carattere economico che, a seguito della forzata sospensione dell’attività professionale, investe qualsiasi tipologia di libero professionista o studio professionale, sia esso a struttura artigianale che ad estensione aziendale.

Ad oggi, molti rappresentanti di ordini di categoria, hanno già provveduto a notificare al governo, formale richiesta di intervento affinché vengano adottati provvedimenti concreti ed efficaci di sostegno economico per far fronte a tale gravissima situazione di disagio economico per i liberi professionisti che esercitano regolare attività.


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