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Obbligazioni subordinate: Decisione 2150 del 10 gennaio 2020

Aggiornamento: 16 apr 2020

In riferimento alla precedente pubblicazione, riguardante le c.d. obbligazioni subordinate, si segnala, che in data 10 gennaio 2020, con decisione n. 2150 l'Arbitro per le controversie finanziarie (ACF), si è pronunciato riguardo il tema del non corretto adempimento, da parte dell’intermediario, degli obblighi inerenti la prestazione di un servizio di investimento, sotto il profilo dell’inadempimento agli obblighi di informazione sulle specifiche caratteristiche degli strumenti finanziari da questi collocati e della omessa rilevazione della inadeguatezza delle operazioni rispetto al profilo.


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Si allega di seguito TESTO INTEGRALE:

"Decisione n. 2150 del 17 gennaio 2020

ARBITRO PER LE CONTROVERSIE FINANZIARIE

Il Collegio composto dai signori

Dott. G. E. Barbuzzi – Presidente Prof.ssa M. Rispoli Farina – Membro Cons. Avv. D. Morgante – Membro Prof. Avv. G. Guizzi – Membro Prof. Avv. G. Afferni – Membro

Relatore: Prof. Avv. G. Guizzi nella seduta del 20 dicembre 2019, in relazione al ricorso n. 3202, dopo aver esaminato la documentazione in atti, ha pronunciato la seguente decisione. FATTO 1. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del non corretto adempimento, da parte dell’intermediario, degli obblighi inerenti la prestazione di un servizio di investimento, in particolare sotto il profilo dell’inadempimento agli obblighi di informazione sulle caratteristiche degli strumenti finanziari oggetto di acquisto e della omessa rilevazione della inadeguatezza delle operazioni rispetto al profilo. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento. 2. Dopo aver inviato reclamo in data 7 febbraio 2018, cui l’intermediario ha dato riscontro con nota del 9 aprile successivo in maniera non giudicata soddisfacente, i ricorrenti, avvalendosi dell’assistenza di un difensore, si sono rivolti all’Arbitro per le Controversie Finanziarie, rappresentando quanto segue. I ricorrenti espongono di aver acquistato, in data 4 luglio 2011, nominali € 150.000,00 di obbligazioni subordinate dell’intermediario - con cui intrattenevano il rapporto per la prestazione dei servizi di investimento dall’anno 2007 - senza essere stati resi edotti della natura e delle caratteristiche del prodotto. I ricorrenti sostengono che l’operazione avrebbe formato oggetto di consulenza e che il capitale impiegato è stato tratto da un’operazione di disinvestimento di obbligazioni ordinarie del medesimo emittente. I ricorrenti lamentano, per un verso, l’inadempimento dell’intermediario agli obblighi di informazione precontrattuale, segnalando come l’ordine di acquisto non rechi alcuna indicazione circa la natura e i rischi del prodotto, e che a nulla varrebbe la dichiarazione dell’investitore, in esso contenuta, di aver ricevuto tutte le informazioni necessarie per compiere una scelta consapevole di investimento, trattandosi di una mera clausola di stile. I ricorrenti si dolgono, altresì, della mancata rilevazione dell’inadeguatezza dell’operazione rispetto al profilo, il che emergerebbe, del resto, anche tenuto conto delle loro abitudini di investimento: i ricorrenti sostengono, infatti, che tutti i precedenti acquisti avevano sempre riguardato obbligazioni ordinarie, e mai le subordinate. Dopo aver precisato di aver venduto tutte le azioni in cui le obbligazioni subordinate sono state coattivamente convertite nell’ambito della procedura di ricapitalizzazione precauzionale cui è stato sottoposto l’emittente, ricavandone complessivamente € 68.219,49, i ricorrenti concludono chiedendo al Collegio di dichiarare l’intermediario tenuto al pagamento, a titolo alternativamente restitutorio o risarcitorio, di una somma che quantificano in € 79.744,56, e dunque in misura pari alla differenza tra il capitale investito e quanto ritratto dalla liquidazione delle azioni. 3. L’intermediario si è costituito nei termini prescritti dal Regolamento chiedendo il rigetto del ricorso. L’intermediario – che contesta che le operazioni abbiano formato oggetto di consulenza – sostiene di avere correttamente adempiuto tutti gli obblighi di informazione necessari per permettere ai ricorrenti di assumere una decisione consapevole. Per quanto concerne il rilievo della mancata indicazione della natura di strumento subordinato, il resistente sottolinea non solo che la struttura dell’ordine di acquisto era conforme alla disciplina vigente ratione temporis, che non prescriveva tale indicazione come necessaria, ma anche alla prassi diffusa in tutto il sistema bancario, che ometteva di indicare la natura subordinata delle obbligazioni per cui è controversia. Per quel che concerne, invece, la censura della mancata rilevazione dell’inadeguatezza dell’operazione, il resistente contesta l’addebito sottolineando come sull’ordine di acquisto si rilevi «che la stessa è risultata difforme rispetto all’esperienza ma i clienti hanno dichiarato, sottoscrivendo la specifica sezione d, che prendevano atto della comunicazione e confermavano espressamente di effettuare l’operazione». Il resistente – che contesta l’affermazione dei ricorrenti di aver appreso della natura subordinata delle obbligazioni solo nel momento della loro conversione coattiva, richiamandosi alla comunicazione del 27 gennaio 2012, inviata ai possessori di titoli subordinati, con cui promuoveva un’Offerta Pubblica di Scambio di questi ultimo con strumenti finanziari non subordinati di nuova emissione – segnala, infine, che la quantificazione del danno non è esatta. Il resistente richiama, infatti, l’orientamento dell’Arbitro che, in casi omologhi a quello per cui è controversia, ha determinato il danno al netto delle cedole eventualmente incassate dal cliente; cedole il cui ammontare viene indicato, nel caso in esame, in € 34.650,00. 4. I ricorrenti si sono avvalsi della facoltà di presentare deduzioni integrative ai sensi dell’art. 11, comma 5, Regolamento ACF. I ricorrenti rilevano che la documentazione in atti non permette di affermare che l’intermediario abbia assolto l’onere della prova di aver reso le informazioni dovute per legge e per contratto, e che certo non può costituire un’esimente dell’omissione informativa circa la natura subordinata dell’obbligazione la circostanza che analogo inadempimento abbiano commesso altri intermediari. I ricorrenti replicano all’eccezione riguardante la non corretta determinazione del danno sostenendo che «le cedole non vadano decurtate in quanto si tratta di frutti percepiti in buona fede che compensano il danno derivante dalla mancata corresponsione delle cedole successive o di interessi sulle somme comunque lasciate nella disponibilità dell’intermediario». 5. Anche l’intermediario si è avvalso della facoltà di replicare ai sensi dell’art. 11, sesto comma, Regolamento ACF. Il resistente ribadisce le proprie argomentazioni e segnala la circostanza che i ricorrenti hanno acquistato, nel medesimo periodo, «un’altra obbligazione di tipo subordinato, per poi venderla il 22 gennaio 2016 con una non trascurabile plusvalenza», inferendo così che tale operazione attesterebbe la propensione dei ricorrenti verso tale tipologia di investimento, e dunque il carattere opportunistico della domanda di risarcimento dei danni.


DIRITTO


1. La domanda con cui i ricorrenti chiedono il risarcimento del danno sofferto in dipendenza dell’inadempimento dell’intermediario agli obblighi di informazione precontrattuale sulle caratteristiche e sul grado di rischio delle obbligazioni è fondata. Gli è, infatti, che l’ordine di acquisto – versato agli atti del procedimento dal resistente - non reca alcuna indicazione sulle caratteristiche degli strumenti finanziari, e non contiene alcun riferimento neppure alla clausola di subordinazione. Né a questo proposito vale obiettare – come fa l’intermediario - che al tempo dell’investimento nessuna norma imponeva espressamente di distinguere, a livello informativo, le obbligazioni ordinarie da quelle subordinate. Il fatto che l’indicazione della natura subordinata non fosse normativamente richiesta non toglie, evidentemente, che un assolvimento diligente degli obblighi di informazione, e più in generale dell’obbligo di agire nel migliore interesse del cliente, imponesse all’intermediario di rendere edotto quest’ultimo anche dell’esistenza della clausola in questione. La presenza di tale clausola modifica, infatti, l’ordine di preferenza con cui i sottoscrittori di tali titoli possono trovare soddisfazione, postergando la loro posizione a quella degli altri obbligazionisti ordinari e dunque incide evidentemente sul livello del rischio assunto, sicché la relativa informazione non può certo dirsi indifferente per l’investitore, e questo a prescindere da come la disciplina vigente ratione temporis conformasse lo standard informativo, peraltro minimo, sempre dovuto. 2. Accertato l’inadempimento – che ha avuto una sicura incidenza causale nella determinazione dei ricorrenti all’acquisto, potendo affermarsi, in ossequio al principio del ”più probabile che non”, che con una diversa informazione essi si sarebbero orientati altrimenti – si deve procedere alla liquidazione del danno. Al riguardo il Collegio ritiene di dover dare continuità all’orientamento espresso con riferimento alle vicende che hanno già riguardato proprio le controversie analoghe alla presente ed aventi ad oggetto l’investimento in obbligazioni subordinate del resistente, poi oggetto della conversione forzosa in azioni. Il danno, dunque, deve essere liquidato detraendo dal capitale investito (nel caso € 147.994,06), sia (i) l’ammontare delle cedole complessivamente incassate (nel caso 34.650,00) la cui percezione non è contestata, in quanto si tratta di utilità che i ricorrenti non avrebbero conseguito in assenza dell’investimento, sia (ii) il valore ritratto dalla vendita delle azioni, in cui le obbligazioni sono state convertite, eseguito dai ricorrenti in data 13 novembre 2017, all’indomani della riammissione a quotazione (€ 68.219,494).

Non può, dunque, trovare accoglimento la pretesa dei ricorrenti di non detrarre le cedole perché percepite in buona fede. La circostanza è, infatti, irrilevante nella prospettiva dell’accoglimento della domanda di condanna al pagamento fondata sul titolo risarcitorio, giacché in questo caso l’investitore deve essere semplicemente messo nella stessa posizione in cui si sarebbe trovato in assenza dell’investimento per cui è controversia, sicché non si può non tenere conto delle utilità che egli ha ritratto dall’operazione, che debbono essere pertanto necessariamente detratte. Né a esito diverso può giungersi evocando – come fanno i ricorrenti nelle deduzioni integrative - la circostanza che la mancata detrazione si giustificherebbe nella prospettiva del risarcimento di quella voce di danno costituita dal lucro cessante. In disparte la considerazione che sarebbe illogico computare tale danno, come invece vorrebbero i ricorrenti, con la mancata percezione delle “cedole successive”- anche il lucro cessante deve essere, infatti, quantificato secondo la logica dello scenario controfattuale, ossia ipotizzando quale sarebbe stata la situazione esistente in assenza dell’investimento per cui è controversia – è dirimente la circostanza che nel caso in esame non è stata offerta nessuna ipotesi realistica di un diverso impiego del capitale che avrebbe potuto produrre quel determinato rendimento. In conclusione, il danno da liquidare è pari a € 45.124,59. A tale somma deve aggiungersi l’importo di € 2.933,10 dovuto a titolo di rivalutazione monetaria.


PQM


In parziale accoglimento del ricorso, il Collegio dichiara l’intermediario tenuto a corrispondere ai ricorrenti la somma complessiva di € 48.057,69 per i titoli di cui in narrativa, oltre interessi dalla data della decisione sino al soddisfo, e fissa il termine per l’esecuzione in trenta giorni dalla ricezione della medesima. Entro lo stesso termine l’intermediario comunica all’ACF gli atti realizzati al fine di conformarsi alla decisione, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del regolamento adottato dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016.

L’intermediario è tenuto a versare alla Consob la somma di € 400,00, ai sensi dell’art. 18, comma 3, del citato regolamento, adottato con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016, secondo le modalità indicate nel sito istituzionale www.acf.consob.it, sezione “Intermediari”.

Il Presidente Firmato digitalmente da: Gianpaolo Eduardo Barbuzzi"

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